9 giugno 2013

Diario di un Emigrante di Sella Luigi Leonardo (seconda parte)


Mi girai a guardare all’indietro: quel quadro non lo dimenticherò mai. Dalla mia parte, persone imbrunite del tropico, vestite semplicemente, qualcuno con quel vestito
da festa con il quale era arrivato anni prima ed ora visibilmente troppo corto e troppo stretto. Al centro della strada passava anche qualche lussuosa macchina: erano i fortunati.
Fermai due giovani appena sbarcati, chiesi notizie sull’Italia e dove erano diretti. In Italia non trovavano lavoro, erano diretti a Turen, dove un loro parente aveva una grande tenuta agricola con trattori ed altri macchinari.
Coltivava riso, mais, banane. Io la zona la conoscevo: certamente il lavoro non mancava, e le banane erano abbondanti, ma non era l’America che loro sognavano. Feci loro gli auguri di buona fortuna e mi girai a guardare alle mie spalle: erano due generazioni di emigranti, una in arrivo, piena di entusiasmo, l’altra in partenza, fiaccata dal clima tropicale e da tanti sacrifici … io appartenevo a questa.
Di fretta passai il controllo doganale e, salita la scaletta della nave, consegnai i documenti al commissario di bordo. Nella cabina trovai due cittadini austriaci ed un giovane friulano. Sarebbero stati i miei compagni di viaggio.
Dopo le presentazioni mi precipitai sopra coperta, dato che la nave stava eseguendo le manovre per la partenza. Guardavo i grandi palazzi, costruiti di recente verso l’aeroporto di Maiquetia, l’immensa baraccopoli di Ranchitos che come una ragnatela copriva la collina sopra La Guaira…
Le eliche della nave si misero in movimento sollevando un turbine di acqua verdastra, la prua verso il mare aperto in direzione nord-est. I rimorchiatori si stavano allontanando. Accesi la radiolina da poco comprata: un’emittente venezuelana dedicava musica … da Acarigua una voce femminile cantava. “Adios, amigo, serà mejor que no volveras…”

Guardai per l’ultima volta la terra che mi aveva ospitato tanto tempo. “Adios, Venezuela!”I gabbiani volavano intorno alla nave, il sole di mezzogiorno era perpendicolare sopra di noi, all’interno un juke-box a tutto volume cantava in continuazione. Quando ero partito si cantava “Buongiorno tristezza” e di tristezza ne avevamo tanta nell’animo; ora si cantava “Emanuela”, “Maruzzella”, “Granada”.
La traversata dell’Atlantico durò sette giorni di cielo e mare … e di confidenze. Ognuno aveva le sue, tante storie umane che in altre circostanze sarebbero rimaste sconosciute.
Tutte le mattine, prima di colazione, guardavo la carta marittima dove, oltre ai meridiani, era segnalata la rotta, e la bandierina, spostata ogni giorno indicava l’esatta posizione della nave: ora eravamo in vista delle isole Canarie, a seguire Madeira, Gibilterra, dove un branco di delfini sembrava darci il benvenuto, poi Barcellona, domani … l’Italia.
Nel cielo, sulle nubi, si potevano osservare i riflessi di luce: era il faro che con i suoi fasci luminosi sciabolava la notte, indicando la rotta verso il porto di Genova.
Allora mi ritornò alla mente che prima di imbarcarmi una mendicante mi aveva chiesto un’offerta per la Lanterna che avrebbe dovuto illuminarmi la via del ritorno. Ora il faro era là, con la sua luce intermittente, mi aveva atteso. Sulla costa la città era illuminata. Il cuore mi saltava in gola, le lacrime mi scendevano sulle guance: erano lacrime di gioia. Mi sembrava di uscire da un incubo. Dopo sessantasette mesi ritornavo in Italia.
Si chiudeva così una parentesi di emigrazione. Domani tutto questo sarà solo un ricordo, un ricordo che mi porto dentro da cinquant’anni.

L.L.S.

Valdastico, Aprile 2004
  
  


4 commenti:

  1. Che bella testimonianza, bravo Gino a rendere pubblica un'altra pillola di storia...la narrazione si legge che è un piacere, le descrizioni sono così realistiche al punto che sembra di prendere parte ai fatti, con un misto di emozione e tristezza!

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  2. Grazie Nicolò effettivamente è un racconto molto commovente ciao gino

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  3. Interessanti testimonianze, scritte molto bene. Ce ne saranno altre Gino?

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  4. Ciao carlisssssssssssssssssssssssssima
    Purtroppo di Luigi(Buia) non ho altro, a meno che non mi metta a riscrivere in Word parti del suo libro, scrive veramente bene, peccato abbia scritto così poco, avrebbe avuto tanto da raccontare.

    un abbraccio gino

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