da festa con il quale era arrivato anni prima ed ora visibilmente troppo corto e troppo stretto. Al centro della strada passava anche qualche lussuosa macchina: erano i fortunati.
Fermai
due giovani appena sbarcati, chiesi notizie sull’Italia e dove erano diretti.
In Italia non trovavano lavoro, erano diretti a Turen, dove un loro parente
aveva una grande tenuta agricola con trattori ed altri macchinari.
Coltivava
riso, mais, banane. Io la zona la conoscevo: certamente il lavoro non mancava,
e le banane erano abbondanti, ma non era l’America che loro sognavano. Feci
loro gli auguri di buona fortuna e mi girai a guardare alle mie spalle: erano
due generazioni di emigranti, una in arrivo, piena di entusiasmo, l’altra in
partenza, fiaccata dal clima tropicale e da tanti sacrifici … io appartenevo a
questa.
Di
fretta passai il controllo doganale e, salita la scaletta della nave, consegnai
i documenti al commissario di bordo. Nella cabina trovai due cittadini
austriaci ed un giovane friulano. Sarebbero stati i miei compagni di viaggio.
Dopo
le presentazioni mi precipitai sopra coperta, dato che la nave stava eseguendo
le manovre per la partenza. Guardavo i grandi palazzi, costruiti di recente
verso l’aeroporto di Maiquetia, l’immensa baraccopoli di Ranchitos che come una
ragnatela copriva la collina sopra La Guaira…
Le
eliche della nave si misero in movimento sollevando un turbine di acqua
verdastra, la prua verso il mare aperto in direzione nord-est. I rimorchiatori
si stavano allontanando. Accesi la radiolina da poco comprata: un’emittente
venezuelana dedicava musica … da Acarigua una voce femminile cantava. “Adios, amigo, serà mejor que no volveras…”
Guardai
per l’ultima volta la terra che mi aveva ospitato tanto tempo. “Adios, Venezuela!”I
gabbiani volavano intorno alla nave, il sole di mezzogiorno era perpendicolare
sopra di noi, all’interno un juke-box a tutto volume cantava in continuazione.
Quando ero partito si cantava “Buongiorno
tristezza” e di tristezza ne avevamo tanta nell’animo; ora si cantava “Emanuela”, “Maruzzella”, “Granada”.
La
traversata dell’Atlantico durò sette giorni di cielo e mare … e di confidenze.
Ognuno aveva le sue, tante storie umane che in altre circostanze sarebbero rimaste
sconosciute.
Tutte
le mattine, prima di colazione, guardavo la carta marittima dove, oltre ai
meridiani, era segnalata la rotta, e la bandierina, spostata ogni giorno
indicava l’esatta posizione della nave: ora eravamo in vista delle isole
Canarie, a seguire Madeira, Gibilterra, dove un branco di delfini sembrava
darci il benvenuto, poi Barcellona, domani … l’Italia.
Nel
cielo, sulle nubi, si potevano osservare i riflessi di luce: era il faro che
con i suoi fasci luminosi sciabolava la notte, indicando la rotta verso il
porto di Genova.
Allora
mi ritornò alla mente che prima di imbarcarmi una mendicante mi aveva chiesto
un’offerta per la Lanterna che avrebbe dovuto illuminarmi la via del ritorno.
Ora il faro era là, con la sua luce intermittente, mi aveva atteso. Sulla costa
la città era illuminata. Il cuore mi saltava in gola, le lacrime mi scendevano
sulle guance: erano lacrime di gioia. Mi sembrava di uscire da un incubo. Dopo
sessantasette mesi ritornavo in Italia.
Si
chiudeva così una parentesi di emigrazione. Domani tutto questo sarà solo un
ricordo, un ricordo che mi porto dentro da cinquant’anni.
L.L.S.
Valdastico,
Aprile 2004
Che bella testimonianza, bravo Gino a rendere pubblica un'altra pillola di storia...la narrazione si legge che è un piacere, le descrizioni sono così realistiche al punto che sembra di prendere parte ai fatti, con un misto di emozione e tristezza!
RispondiEliminaGrazie Nicolò effettivamente è un racconto molto commovente ciao gino
RispondiEliminaInteressanti testimonianze, scritte molto bene. Ce ne saranno altre Gino?
RispondiEliminaCiao carlisssssssssssssssssssssssssima
RispondiEliminaPurtroppo di Luigi(Buia) non ho altro, a meno che non mi metta a riscrivere in Word parti del suo libro, scrive veramente bene, peccato abbia scritto così poco, avrebbe avuto tanto da raccontare.
un abbraccio gino