IL TORNEO DI VENEZIA
In queste righe leggeremo la storia di un nostro compaesano colto ed
ardimentoso, ma nel contempo fragile ed impreparato ad affrontare le difficoltà
che la vita riserva ad ognuno di noi.
Foto di Germano |
In un paese del vicentino si beveva
del buon vino, il comune era Valdastico un
centro fantastico.
La vita era tranquilla ma all’ improvviso
ecco una favilla:
in municipio una carta arrivò e la
gente , allegra, scoppiò.
Si scriveva nel foglietto che un
torneo era indetto, tutti i partecipanti dovevan essere pimpanti con elmo,
spada e scudo armati ma soprattutto ben preparati.
Presto cominciaron i preparativi anche da parte dei grandi divi.
Anche San Pietro aveva il suo
partecipante, era il prode Arturo, più che mai sgargiante.
Subito cominciò ad allenarsi per aspettare,
poi, il da farsi .
Scapolo e timido lui era, portava
sempre la penna nera.
Tra i primi si iscrisse e subito
disse: “Io vincerò e quella donna sposerò”.
Il premio, infatti, era il matrimonio
con Costanza, figlia di Antonio e di sua moglie Lucrezia, eletti Dogi a Venezia.
La festa era programmata all’esterno
della città, sulla palizzata nel giorno di San Biagio in quel freddo mese di
Febbraio.
E venne il giorno della partenza e la
gente mostrò la sua benevolenza per il beniamino che iniziava il suo cammino.
Camminò per lunghe giornate, per
oscure valli incontaminate, attraversò luoghi estranei, inoltrandosi nei colli Euganei:
finalmente in pianura entrò e il leone di San Marco davanti a lui si mostrò.
Prenotò in una locanda una sola
branda; lì conobbe parte degli sfidanti che di un esercito sembravano i
comandanti.
Riconobbe Ulisse, Ercole e Traiano nonché
Carlo Magno, Barbarossa e Aureliano.
Più vecchi di lui erano in età, ma
quando arrivò il giorno della verità disse loro il prode Arturo: “Io son forte,
io son duro”.
Si battè come un audace da San
Pieroto fiero e vivace fino a che in finale approdò contro il Re, Carlo d’Angiò.
Arturo diede il segnale di guerra, ma
il povero Carlo cadde a terra, e ancor prima di cominciare le sue mani, Arturo,
potè alzare.
Arturo era il vincitore senza una
goccia di sudore, a lui la donna si lasciò ma egli, inaspettatamente, rifiutò.
Voleva tornare al suo paese e la mano
chiedere ad Agnese, ma ahimè, ella rifiutò e lui si suicidò, poiché di un
simile fatto egli si riteneva disonorato.
La gente molto lo commiserò e con
grande rimpianto lo salutò.
Autore Anonimo
Racconto fornitomi gentilmente da
Giorgio Slaviero.
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