23 marzo 2013

IL TORNEO DI VENEZIA


IL TORNEO DI VENEZIA

In queste righe leggeremo la storia di un nostro compaesano colto ed ardimentoso, ma nel contempo fragile ed impreparato ad affrontare le difficoltà che la vita riserva ad ognuno di noi.

Foto di Germano 
In un paese del vicentino si beveva del buon vino,  il comune era Valdastico un centro fantastico.
La vita era tranquilla ma all’ improvviso ecco una favilla:
in municipio una carta arrivò e la gente , allegra, scoppiò.
Si scriveva nel foglietto che un torneo era indetto, tutti i partecipanti dovevan essere pimpanti con elmo, spada e scudo armati  ma soprattutto ben preparati.
Presto cominciaron i preparativi  anche da parte dei grandi divi.
Anche San Pietro aveva il suo partecipante, era il prode Arturo, più che mai sgargiante.
Subito cominciò ad allenarsi per aspettare, poi, il da farsi .
Scapolo e timido lui era, portava sempre la penna nera.
Tra i primi si iscrisse e subito disse:  “Io vincerò  e quella donna sposerò”.
Il premio, infatti, era il matrimonio con Costanza, figlia di Antonio e di sua moglie Lucrezia, eletti Dogi a Venezia.
La festa era programmata all’esterno della città, sulla palizzata nel giorno di San Biagio in quel freddo mese di Febbraio.
E venne il giorno della partenza e la gente mostrò la sua benevolenza per il beniamino che iniziava il suo cammino.
Camminò per lunghe giornate, per oscure valli incontaminate, attraversò luoghi estranei, inoltrandosi nei colli Euganei: finalmente in pianura entrò e il leone di San Marco davanti a lui  si mostrò.
Prenotò in una locanda una sola branda; lì conobbe parte degli sfidanti che di un esercito sembravano i comandanti.  
Riconobbe Ulisse, Ercole e Traiano nonché Carlo Magno, Barbarossa e Aureliano.
Più vecchi di lui erano in età, ma quando arrivò il giorno della verità disse loro il prode Arturo: “Io son forte, io son duro”.
Si battè come un audace da San Pieroto fiero e vivace fino a che in finale approdò contro il Re, Carlo d’Angiò.
Arturo diede il segnale di guerra, ma il povero Carlo cadde a terra, e ancor prima di cominciare le sue mani, Arturo, potè alzare.
Arturo era il vincitore senza una goccia di sudore, a lui la donna si lasciò ma egli, inaspettatamente, rifiutò.
Voleva tornare al suo paese e la mano chiedere ad Agnese, ma ahimè, ella rifiutò e lui si suicidò, poiché di un simile fatto egli si riteneva disonorato.
La gente molto lo commiserò e con grande rimpianto lo salutò.
Autore  Anonimo


Racconto fornitomi gentilmente da Giorgio Slaviero.

   

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