22 settembre 2012

Momenti di Natura di Giuseppe Gnata: IL SAGGIO VECCHIO FAGGIO

Il saggio vecchio faggio
Ad osservare le piante nel bosco me l'ha insegnato l'amico Roberto. Da allora in poi, ogni qual volta vedo piante particolari, penso a lui e mi soffermo a guardare. Talvolta abbraccio qualche "bell 'abete" o "grosso faggio secolare", oppure mi fermo ad accarezzare le rughe scomposte di un vecchio larice. Saggezza, mistero, grandezza e tanta umiltà: questo ci comunicano le piante. Un giorno, camminando attraverso un folto bosco, mi trovai all'improvviso davanti ad uno strano faggio. Rimasi lì, impietrito a guardarlo, era vecchio, nodoso, storto, quasi scontro­so. Molti licheni lambivano le sue numerose "ferite" e quei pochi rami, tanto grossi e nodosi vicino al tronco, quanto fini e ramificati all'estremità, assomigliavano a lunghe braccia con mani dalle cento dita. Erano per di più coperti, stranamente, da altri rami secchi caduti dall'al-
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to in verticale che sembravano "veli" o "pezzi di vestiti vecchi e stracciati".
Per un attimo un brivido mi attraversò la schiena: la "vecchia strega", pensai. Mi guardava con ciglia arruffate da sotto quel "tetro cappello"; poi il pensiero cambiò, non può essere: le piante non sono cattive, loro trasmettono cariche positive e pace, non suscitano paura e brividi, non hanno "niente" dell'animo umano. Alzai gli occhi e vidi che quel faggio era molto grande. Era "cupo" solo per i primi cinque - sei metri, poi, più su, "slanciava" i suoi rami diritti, grossi e perfetti verso il cielo, oltre "l'ombrello del bosco", per raccogliere per primo la pioggia e il calore del sole. Allora abbassai gli occhi per rispetto, il brivido era cessato e respiravo calmo. Un "saggio vecchio faggio" che ha molto sofferto per sopravvivere, era lì aggrappato a quella che una volta fu una piccola radura e forse da giovane, calpestato anche dalle pecore. Infatti, proprio in quel luogo, finita la Grande Guerra c'erano grandi pascoli, mentre ora troneggia il bosco. Ma la voglia e la volontà di vivere, da "vecchio montanaro qual è", ha sempre prevalso. Ora è "lì" che mi guarda con tutti i suoi anni, con tutte le sue rughe e mostra orgoglioso i suoi rami più alti, considerati da me "i suoifigli" che, contrariamente a "lui", hanno avuto una vita più facile. Ora "loro" vivono con altera vigoria al di sopra dell'altezza media del bosco.
 Sono rami grossi e longilinei, pieni di foglie e il loro vivere è di conforto e sostegno a "quel digni­toso vecchio essere" tanto provato, quanto determinato a crescere lassù.
Quand'è finito il tempo della vita che ci è stato destinato, per l'uomo arriva la "Signora in Nero", per i vecchi alberi arriva il "Tagliaboschi", La mia speranza è che "quest'ultimo" veda la "Vecchia Strega" e fugga lontano pieno di paura. Il mio augurio è che a prendere "questo vecchio faggio" sia il naturale ciclo della vita.
                                                                                                                       

                                                                                                                              G.GNATA

2 commenti:

  1. Le sensazioni che ti trasmette un albero,spesso non le ricevi, abbracciando un essere umano. Lunga vita per il faggio.....

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  2. Bellissime le foto che ritraggono l'albero nelle quattro stagioni.......ciascuna con il suo fascino!
    Anche da parte mia l'augurio che la bellezza faccia desistere il tagliaboschi dal porre la parola fine alla vita dell'amico faggio.

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