1 luglio 2012

La piccola storia di un'emigrata


Il fenomeno dell’emigrazione, interna ed esterna, che interessò la Val D’Astico nei secoli scorsi, decise il futuro di molti giovani, che misero radici altrove e non tornarono più nella valle. Il destino faceva incontrare in terre lontane uomini e donne provenienti da paesi diversi ma accomunati dallo stesso sentire: nostalgia, senso di smarrimento e solitudine erano propri di ogni emigrante e, per questo, riconoscersi e creare legami era tanto facile quanto necessario per attenuare lo spaesamento e consentire un più veloce radicamento. 
Ogni storia di emigrazione è anche un romanzo ricco di incontri e profondi legami di affetto, sigillati spesso da matrimoni che li rendevano eterni.
Il racconto che state per leggere ha come protagonista Maria Maddalena Slaviero, sorella minore di mio nonno materno. Anche lei, lontana dal paese, fece l'Incontro più importante della sua vita …
"Nel freddo novembre del 1921 venne alla luce, in contra’ Fozati di Valdastico, una tenera bambina, ultimogenita di una nidiata di cinque fratellini. All'unica femmina venne dato il nome di Maria e, aggiunto, quello della mamma, Maddalena. Aveva un apetto delicato: incarnato chiaro e occhi azzurri. Era una bimba dolce e servizievole. La povertà della famiglia la costrinse, però, ad emigrare molto presto, poco più che fanciulla, verso un destino che sembrava l’unico possibile per molte coetanee del tempo:  fare la domestica in città presso famiglie benestanti.
Partì nei primi anni ’30 ... ("per fare la serva” dice oggi la zia, esprimendo molto bene il sentire dell’epoca che ancora  le appartiene).
Maria lasciò  la famiglia per raggiungere Aosta, in un viaggio che sembrava interminabile a chi, come lei, non si era mai allontanato dal paese. La città era però attorniata dalle montagne e questo attenuava il senso di smarrimento. Poco dopo, la giovinetta lasciò la famiglia di Aosta per recarsi a Torino, una città più grande che le incuteva inizialmente un certo timore, a lavorare al servizio di un’altra ricca famiglia. Pur essendo di temperamento molto docile, Maria rivendicava con decisione  il permesso di poter partecipare alla Messa, ogni mattina, al Cottolengo. Ne sentiva un insopprimibile bisogno.
Fu in questo modo che conobbe da vicino una realtà dove si respirava una grande Fede, ma anche il Dolore di persone gravemente segnate nel corpo e nella psiche, di poveri ed emarginati rifiutati da tutti. Il contatto con un mondo così difficile, dove venivano accolti quegli “ultimi tra gli ultimi” tanto cari a Gesù, colpì profondamente la sensibilità di Maria.
Una mattina, durante la Santa Messa, la ragazza si sentì chiamare da Dio ad una vita consacrata agli altri, e avvertì come unico desiderio quello di diventare Sua Sposa. Le umili origini, però, sembravano ostacolare anche questo progetto di vita perché, per diventare suora, Maria avrebbe dovuto portare con sé una “dote” che, data la povertà, non possedeva.
Ma la caparbietà indotta dai propri ideali  è una forza straordinaria, e la ragazza volle incontrare il  direttore del Cottolengo che, incarnando il vero spirito del Cristianesimo, la rassicurò benevolmente: “Queste porte sono aperte a tutti”.
Nel 1942 Maria Maddalena Slaviero vestì l'abito religioso. Quel giorno diventò Suor Maddalena.
Lasciata Torino, venne trasferita a Ravenna e, di qui, a Podenzano, in provincia di Piacenza, dove lavorò come cuoca e assistente amorevole negli asili e nelle Case di Riposo per anziani. Fu molto amata per il suo carattere mite e conciliante con tutti"
Fino a una quindicina di anni fa, finché le gambe glielo permettevano, Suor Maddalena tornava a Valdastico ogni anno: soggiornava una settimana nella casa natale di Fozati, ospite del fratello, mio nonno, ed era tradizione che venisse da mia madre per la colazione, prima di andare a Messa nella chiesa di San Pietro.
La “Zia Suora” - così la chiamiamo noi nipoti - ha ora quasi 91 anni: non cammina più, ma possiede una mente lucida e vivace: ricorda nomi e volti del suo paese, di cui chiede sempre notizie. E’ tornata a Torino, al Cottolengo, alla Casa Madre dove fece quello straordinario Incontro con Dio, e dove l'abbiamo appena festeggiata per i 70 anni di vita consacrata agli altri.



“I poveri sono i nostri padroni e bisogna trattarli come tali, altrimenti ci licenziano”
                                                                    

                                                                          San Giuseppe Benedetto Cottolengo






6 commenti:

  1. Interessante Paola, io nemmeno sapevo della sua esistenza.

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    1. Se avesse avuto un altro destino forse sarebbe tornata spesso al paese, magari con marito e figli, e l'avrebbero ricordata in tanti. Purtroppo nei primi tempi non le era consentito di spostarsi come avrebbe desiderato, tanto che anche durante il recente incontro raccontava il dispiacere di non aver potuto nemmeno essere presente ai funerali della sua mamma ... Solo negli ultimi decenni le regole erano meno ferree e allora veniva a San Pietro ogni anno, come detto sopra.
      Però, quando la sento parlare del paese, ho la sensazione che lei non lo abbia mai veramente lasciato ...

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  2. Brava Paola, commovente!! Bella storia e ben scritta. A presto Ciao Maurizio

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    1. Grazie, Maurizio.

      Ogni vita è un romanzo.

      Anch'io mi commuovo pensando a questa bambina sensibile che, nella lontananza, cerca e trova conforto in un "Padre" che non l'avrebbe mai lasciata sola. E ammiro lo spirito di accoglienza senza riserve del Cottolengo, quello che dovrebbe imperniare tutta la Chiesa ...

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  3. Molti episodi della vita dei nostri nonni ma anche più vicini a noi dei nostri zii o genitori sono storie che ci sembrano oggi "straordinarie", "impossibili", degne di un romanzo tanto sono cariche di sacrificio, sofferenza che purtroppo allora era per tanti la quotidianità....Paola con il tuo racconto ci fai prestare più attenzione a tutta questa umanità che è senz'altro gran insegnamento per i nostri giorni...

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    1. Hai proprio ragione, Anna. Soprattutto ora che si parla tanto di "crisi" dovremmo leggere queste storie vere, riflettere, mettere in primo piano valori meno materiali e riscoprire la parola "sacri-ficio".

      Grazie

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