25 giugno 2012

Una fiaba ...

Arcobaleno
"Era una fredda notte d’inverno e tutti, grandi e piccini, dormivano profondamente nei caldi lettini. Anche gli animali se ne stavano rinchiusi a sonnecchiare nelle loro tane e le strade buie erano completamente deserte. Quando le campane suonarono i dodici rintocchi della mezzanotte, giunse da molto lontano un uomo nero come la pece, con il volto coperto da un’orribile maschera e il corpo avvolto in un lungo mantello. Sebbene fosse già notte fonda, si poteva distinguere la sua brutta sagoma, perché il suo nero era più nero del buio della notte.

 
Quell’uomo dall’aspetto così pauroso vagava senza sosta di paese in paese, di città in città, per fare dispetti e creare scompiglio. Fu così che, arrivato nel mezzo della notte nel paesello, pensò di salire quatto quatto sulla punta del campanile che dominava le case e le strade.
Giunto a tale altezza, egli si tolse il lungo mantello e lo fece sventolare con forza su tutto il paese. La lunga veste, agitata dalla mano cattiva, diventava sempre più grande, così grande che, se qualcuno avesse osato guardare il cielo, non avrebbe più distinto le stelle, né potuto ammirare alcuno spicchio di luna. Quando il mantello fu tanto ampio da coprire anche le case, iniziò a piovere: milioni di goccioloni color della pece caddero come saette e ricoprirono di nero ogni cosa.
  La mattina seguente, al risveglio, uomini e donne si affacciarono alle finestre ma nessuno poteva credere ai propri occhi: all’esterno tutto era buio, le case parevano intonacate di nero, le strade e gli alberi scuri più del carbone! Quasi tutti – potete immaginarlo – si spaventarono, ma ci fu chi ritornò di corsa a letto, convinto fosse ancora notte fonda. Sul comodino, però, la sveglia suonava le sette del mattino e la confusione era totale. Insomma … non si capiva più se fosse notte o se fosse giorno e tutti si chiedevano dove il sole fosse andato a finire, anziché spuntare come sempre all’orizzonte.
Quel giorno nessuno osò uscire di casa. Troppo strano e inquietante l’accaduto! Cosa si poteva fare? Chi mai aveva immaginato che un giorno il sole non sarebbe più tornato a illuminare le case, i giardini, i boschi e i torrenti? Si decise di aspettare l’indomani per vedere se, finalmente, il sole o, almeno, la pioggia e la neve sarebbero tornati.
Trascorsero le ventiquattro ore ma del sole, della pioggia e della neve ancora nessuna traccia. Nemmeno uno spiraglio di luce a illuminare il mondo! Gli abitanti più coraggiosi si decisero a uscire dalle loro case e,  con in mano una candela per rischiarare le tenebre, si trovarono riuniti nella piazza principale.
- Bisogna fare la danza del sole o … quella della pioggia, - propose senza convinzione uno dei tanti.
       - Macché danza del sole! Qui urge invocare gli Spiriti del Tempo! - replicò frettolosamente un altro.
Tutti discutevano, cercavano una soluzione, ma nessuno decideva cosa fare e negli animi calava ormai tanta tristezza. Quand’ecco che, finalmente, dal gruppo si levò la saggia voce del più anziano del paese:
      - Ascoltate bene. Proprio l’altro giorno sentivo raccontare che, non molto lontano da qui, abitano i Nani Colorati, -  cominciò a dire il vecchio.  - Vivono all’interno di un albero maestoso che, invece di donare i suoi frutti, produce i più bei colori che si siano mai visti sulla Terra. Che dite di chiedere consiglio a questi nani così preziosi?
I compaesani furono entusiasti della proposta e, almeno nei loro cuori, si riaccese una piccola luce di speranza che li accompagnò nell’oscurità. Dieci saggi furono scelti affinché andassero al più presto a far visita ai Nani Colorati.
L’indomani partirono.
Cammina, cammina, dopo aver attraversato prati e valli, i dieci eletti scorsero una grande quercia:

- Ci siamo! -  esclamarono quasi soddisfatti.

Davanti a loro s’innalzava un tronco larghissimo sul quale si aprivano tanti rami frondosi. Ogni ramo aveva un colore particolare: il primo che s’intravedeva era tutto blu e gli uomini, alzando gli occhi, notarono un nanetto nascosto tra le foglie che raccoglieva, in un secchiello, le goccioline di vernice blu che cadevano dal ramo. Un altro nano, vestito di rosso, raccoglieva la vernice tra le foglie di un ramo vermiglio; Nano Giallo era seduto su di un ramo color del sole e Nano Verde aveva appena raccolto la vernice da un ramo della sua stessa tinta. Ogni nanetto aveva il suo ramo, il suo colore e la sua splendida vernice da raccogliere.
  Gli uomini rimasero strabiliati, incantati a osservare l’insolita scena e i colori così brillanti. I nanetti apparivano indaffarati. Non amavano certo essere disturbati ma, essendo anche molto gentili, appena si accorsero di quei venti occhi spalancati su di loro, smisero di lavorare e, ciascuno con il proprio secchiello, scesero dall’albero.
- Saluti a voi, - dissero in coro i Nani Colorati. -  Qual buon vento vi ha portato qui da noi?
- Un vento cattivo, purtroppo, - rispose colui che aveva avuto la saggia idea di rivolgersi a costoro.
- Racconta, racconta, – si incuriosirono i nanetti.
- Vivevamo tutti felici e contenti, - cominciò l’altro, - e il sole spuntava ogni giorno da dietro le montagne a recarci luce. Beh … se non proprio il sole, venivano ad augurarci il buongiorno almeno la pioggia e la neve. La sera tornava il buio, ma nel cielo spuntavano le stelle e la luna. Da sempre la stessa storia fino a quando, un brutto giorno, il nostro paesello finì nelle tenebre, con le case nere come la pece e gli alberi scuri come il carbone. Da allora non abbiamo più visto chiaro, in nessun senso!                                    
I Nani Colorati, scambiandosi un’occhiata d’intesa veloce, risposero insieme:
- Non temete, lasciate fare a noi.
E in tutta fretta sgattaiolarono dentro la grossa quercia.
I dieci saggi attesero qualche minuto fino a quando, dalla porta del grande albero, uscì una bellissima ragazza con i lunghi capelli castani e un sorriso luminoso. Ad abbagliare i presenti, prima ancora del suo sorriso, fu però l’abito indossato dalla fanciulla: un ventaglio di mille colori che si alternavano sulla gonna e sulle maniche a palloncino.

- Saluti a voi, - si presentò allo stesso modo con una voce dolcissima. - Mi chiamo Arcobaleno e sono la protettrice dei Nani Colorati. I miei piccoli amici mi hanno appena raccontato la vostra brutta storia, ma abbiate fiducia in noi: vi aiuteremo volentieri e tutto si risolverà.
Subito dopo uscì dalla grande quercia Nano Rosso, con un enorme barattolo di vernice rossa; poi uscì Nano Azzurro con la vernice azzurra e, uno per volta, riapparvero tutti i nanetti in fila, ciascuno posando a terra il proprio barattolo.
- Ora fate ritorno alle vostre case e aspettate, - dissero all’unisono i nanetti, ritirandosi nella grande quercia seguiti da Arcobaleno. Gli uomini ringraziarono e partirono alla volta del paese, rincuorati dalle parole dei loro amici.
Non appena tutti se ne furono andati, sbucò fuori l’uomo nero, il quale, nascosto dietro i cespugli, aveva udito quanto bastava per mettere in atto un’altra diabolica azione. Cautamente si avvicinò ai barattoli di vernice, li socchiuse uno a uno e, in gran fretta, scambiò tra loro i colori: nel barattolo di Nano Blu versò la vernice rossa e in quello di Nano Verde rovesciò la vernice blu, continuando poi a mescolare anche tutti gli altri colori. Quindi, fuggì alla svelta.
Il mattino seguente, quando il gallo cantò, i nanetti balzarono giù dai loro lettini colorati e si misero in cammino verso il paesello. Ogni nano portava sulle spalle il proprio barattolo, chiuso in uno zainetto della stessa tonalità. Nessuno sospettava che qualcuno avesse mescolato i colori! Appena giunti al paese, per un attimo anche gli arditi nanetti si lasciarono sopraffare dallo spavento, non immaginando fosse tanto buio. Ma, tenendosi stretti per mano, penetrarono nell’oscurità.
Nano Azzurro fu il primo a staccarsi dal gruppo: con un gran balzo finì sul campanile e, aiutandosi con un grosso pennello, cominciò subito a dipingere, desideroso di far tornare il sereno nel cielo. Nano Giallo disegnò dapprima un cerchio perfetto e poi gli dipinse, tutto intorno, i lunghi raggi: voleva far risplendere il sole. Nano Verde si occupò dei prati e Nano Rosso delle case. Tutti i nanetti si misero d’impegno per ridare colore al paesello ma, avendo l’uomo nero scambiato i colori, il risultato potete solo immaginarlo!
Uomini e donne, usciti fiduciosi dalle proprie case, sgranarono ancora di più gli occhi nel vedere il cielo tutto rosso, il sole verde smeraldo e i prati … blu! Ancora più mortificati erano i nanetti, i quali non capivano la causa di un simile disastro. La buona Arcobaleno cercava inutilmente di consolarli, e asciugava le lacrime che scendevano dai loro occhietti tristi.                      
A un tratto, la bella fanciulla udì una forte risata provenire dal bosco vicino:
“AH AH AH, SCIOCCHI NANI
FARO’ UN DISPETTO ANCHE DOMANI!
IH IH IH, SOLTANTO IO
COLORO IL MONDO A MODO MIO! ”
Arcobaleno, senza esitare, prese la strada che conduceva verso quel vociare e sorprese l’uomo nero a ballare e cantare, contento per lo scherzo riuscito. In punta di piedi, senza farsi sentire, la fanciulla gli si avvicinò e cominciò a dire:
- Tu sei un uomo senza luce, ma non mi fai paura!
L’uomo nero smise di ridere. Era la prima volta che qualcuno gli andava incontro, anziché scappare terrorizzato.
La fanciulla riprese a parlare:
- Appari nero come la pece, ma io so che il tuo cuore è rosso come il mio e in questo momento sta battendo forte, dentro quel corpo che vuoi nascondere.
L’uomo nero si fece serio e, restando pensieroso dietro la maschera, trovò il coraggio di raccontare ad Arcobaleno la sua storia:
- Nel regno dove sono cresciuto da bambino tutti hanno il sangue blu, quello delle persone nobili e importanti. Io fui molto amato dai miei genitori, ma solo fino a quando, feritomi a un braccio cadendo da cavallo, si accorsero che il mio sangue era rosso come quello del popolo. Per questo, mi cacciarono per sempre dal loro castello. Da allora vago nell’oscurità, distruggendo la luce che consente ai colori di brillare.    
Arcobaleno si commosse, ma tornò presto a sorridere perché, a mano a mano che l’uomo si liberava del suo dolore, il nero mantello si tingeva degli stessi colori della sua gonna, aprendosi in un simile ventaglio di tonalità luminose che abbagliava la stessa fanciulla. La ragazza rassicurò il giovane, spiegandogli che il colore rosso era proprio di tutte le creature della Terra. L’uomo nero si tolse la maschera, dalla quale spuntò un bel viso di ragazzo, gentile e delicato.
 Tenendosi per mano, i due giovani ritornarono dai Nani Colorati, i quali, scorgendo nei loro volti la serenità raggiunta, capirono quanto era successo. Di buona lena i nanetti si rimisero al lavoro e, in un battibaleno, ridipinsero il cielo di un azzurro così intenso come non si era mai visto. Il sole tornò a splendere e ogni cosa ritrovò il colore originario.
Il giorno seguente nel paese si organizzò una grande festa alla quale parteciparono proprio tutti: uomini e donne, nani e spilungoni, animali e folletti; vestiti di blu, di giallo, di verde, di rosso; ricchi e poveri, giovani e vecchi, con la pelle chiara e con la pelle scura. Ognuno diverso, nessuno uguale all’altro, insieme erano lì a rallegrarsi per la luce tornata al paese.
Al termine del banchetto, i compaesani in festa videro spuntare uno splendido arcobaleno sorto dietro le montagne: una scena straordinaria incorniciata da un grande cuore rosso, perché tale era quello che batteva forte, per l’emozione e la gioia, in ognuno di loro."

4 commenti:

  1. Ah, che bello, stasera avrò da leggere una bellissima fiaba alla tua piccola fan Giulia Elettra. Appena avrò raccolto i commenti, te li scriverò, Ciao!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sei sempre cara, Alessandra ...

      Mi fa tanto piacere che tu legga a Giulia Elettra le fiabe anche perché confermi una mia convinzione: se accanto al bambino c'è un genitore o un altro adulto che si prende il tempo di "raccontare" qualcosa, nessuna fiaba sarà mai troppo lunga o troppo corta.

      Scrivo questo perché una persona sosteneva che le mie fiabe erano troppo lunghe per la sua nipotina di quattro anni. Io l'ho invitata a leggere per conto suo le storie e a raccontarne poi i passaggi essenziali alla bambina.
      Se noi prendessimo il testo originale di tante fiabe che sono state tramandate per sommi capi, troveremmo una ricchezza di linguaggio e di situazioni che poi, con la trasmissione orale, si è persa. A volte è successo il contrario: storielle succinte sono state arricchite e ampliate. Tutto va bene, secondo me: alla fine resta quello che la memoria collettiva ha "deciso" fosse importante tramandare ai piccoli posteri. Purché non si trovino alibi per non raccontare le fiabe ai bambini, però!

      Il libro di Pinocchio, per esempio, è lungo, ma si può raccontare a un bambino di quattro anni in pochi minuti, tanto sono avvincenti i punti essenziali. Quando sarà più grande quel bambino potrà leggere da solo l'intero libro, ma, intanto, sediamoci accanto a lui e, in poche frasette, facciamogli conoscere le avventure principali del burattino di legno.

      Un bacio alla mia fan! :D

      Elimina
  2. Hai proprio ragione, e non riesco ad usare parole migliori delle tue.
    Penso sia importantissimo leggere ai bambini, loro imparano non solo nuove parole, ma la loro mente ed immaginazione si arricchiscono notevolmente.
    Tuttavia concordo che possa essere faticoso leggere ai bambini piccoli come la mia (non ha ancora 5 anni), perchè, al fine di rendere interessante una storia, modifico il tono di voce quando a parlare sono i presonaggi della favola ed anche perchè ogni tanto mi fermo e commentiamo insieme quello che stiamo leggendo; ma vedere la tua bambina che attende il sèguito o che allunga lo sguardo per vedere l'illustrazione dà una tale soddisfazione, che ne vale la pena!
    E devo tanto ringraziare mia mamma: mi ha insegnato lei come leggere le storie alla giulia elettra. Pur nella sofferenza degli ultimi anni, le raccontava le favole con un tale trasporto che si dimenticava anche del suo dolore.
    Grazie Paola, continua a sfruttare il tuo talento!
    .......e stasera facciamo il bis!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Alessandra,

      Tua mamma era dolcissima in un modo particolare, sorprendente, perché coglievo in lei un guizzo di quella vivacità che fa sorridere e ridere i bambini, e che, abbinata all'eleganza che ricordiamo tutti, colpiva e mi incantava. Mi sembra di vederla, poi, con la nipotina Giulia Elettra!... Questa eredità è ora tua e già la stai passando alla figlia.

      Come vedi, continuano a vivere con noi.

      Grazie a voi tutte, di cuore.

      Elimina